La complicata questione del vicepremier nel governo M5s-Pd

La complicata questione del vicepremier nel governo M5s-Pd

Tanto da ricordare che alle ultime elezioni politiche ha votato sì per M5s, ma per la semplice ragione che Luigi Di Maioe compagni lo avevano “indicato come ministro”. Una presa di posizione importante visto che proprio sull’interpretazione del ruolo di Conte si consuma il duello tra PD e M5s.

Nicola Zingaretti e i suoi dirigenti più vicini continuano a ripetere che, se Conte è un premier “scelto” dal M5s, allora il vicepremier non può essere che del Pd. Al contrario, i Cinque Stelle battono sul tasto della “terzietà” di Conte che, come ricordato anche dagli intervistatori della Versiliana, in passato (da semplice elettore) ha votato centrosinistra.

Dunque, è il ragionamento, la carica di vice spetta a M5s e segnatamente a Di Maio. Una matassa resa ancor più complicata, riferiscono fonti dem, dall’ulteriore richiesta di Di Maio che vorrebbe Vincenzo Spadafora a Palazzo Chigi come sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

Zingaretti ha ormai lasciato la palla al premier incaricato. Spetta a lui, sostengono i dem, trovare la quadra e fare sintesi. La diatriba si trascina ormai da giorni, tanto che tra i dem (sponda renziana) ci si comincia a domandare se davvero valga la pena tirarla tanto per le lunghe con la storia del vice premier.

Stamane, una intervista al presidente dei senatori dem, Andrea Marcucci, ha creato qualche tensione nel partito. “Non può saltare tutto perché Di Maio vuol fare il vicepremier. A questo punto, se questo è il problema, occorre trovare una soluzione”. Parole che vengono lette dall’ex membro della direzione dem, Carlo Calenda, come un via libera a Di Maio: “Marcucci è quello che ha smentito Zingaretti facendo saltare la linea del No a Conte. Ora demolisce anche la linea del No a Di Maio. Marcucci era un #senzadime. Lo stato del Pd…”.

Parola a Conte, dunque, che dovrebbe esprimersi a breve. Il presidente del Consiglio incaricato sta mettendo a punto ildocumento di sintesi che segue al giro di consultazioni con i partiti. Lunedì incontrerà anche disabili e terremotati, poi scioglierà la riserva. Ma prima si attende un incontro tra Conte e i leader dei due partiti che lavorano all’intesa.

Lì si conosceranno le decisioni del premier incaricato. Fonti parlamentari di entrambi i partiti sembrano certe che non ci saranno sorprese anche perché sui temi si è trovato un accordo soddisfacente per entrambi.

Di incarichi si comincerà a discutere immediatamente dopo, anche perché se non si sblocca la casella vicepremier il puzzle dei ministeri è impossibile da completare. Se Conte deciderà alla fine di lasciare l’unico vice premier al Pd, i restanti incarichi del governo si andrebbero a incasellare quasi automaticamente.

Ma se alla fine Conte scegliera’ Di Maio, allora l’impalcatura della squadra di governo potrebbe cadere. Per questo nel Pd c’è chi non esclude che il premier incaricato possa optare per nessun vice e farsi affiancare da due sottosegretari a Palazzo Chigi. “Una soluzione che tornerebbe utile allo stesso Conte per operare con maggiore autonomia”, viene fatto notare. Una soluzione sposata da Dario Franceschini, nome in corsa per l’incarico, che, raccogliendo l’appello di Beppe Grillo, invita i due partiti alla “generosità” perché “Una sfida così importante per il futuro di tutti non si blocca per un problema di ‘posti’. Quindi “Per riuscire a andare avanti cominciamo a eliminare entrambi i posti da vicepremier”.

Paolo Molinari (agi.it)

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