Continua l’odissea della Brexit tra nuovo rinvio e voto anticipato

Continua l’odissea della Brexit tra nuovo rinvio e voto anticipato

L’odissea infinita della Brexit ha conosciuto una nuova giornata campale. Da una parte il nuovo via libera dell’Ue ad un’ennesima proroga dell’uscita della Gran Bretagna, stavolta al 31 gennaio 2020. Dall’altra, la nuova battaglia a Westminster intorno a nuove elezioni anticipate, che il premier Boris Johnson vorrebbe indire per il 12 dicembre. Per BoJo si tratta di una partita importante, dato che nuove elezioni gli permetterebbero di riconquistare maggiori margini di manovra, tanto più in un momento in cui i sondaggi lo danno decisamente avanti rispetto all’opposizione laburista.

Il Parlamento ha “fatto il suo corso”, ha incalzato il premier aprendo a Westminister il dibattito, dato che non sarebbe più in grado di “pronunciarsi sulle priorità delle persone”. Il primo passo però è stata una sonora – ma attesa – bocciatura. La Camera dei Comuni ha infatti bocciato la mozione presentata dal governo, facendogli mancare il necessario quorum dei due terzi, soprattutto a causa del no da parte dell’opposizione laburista.

In pratica, i voti a favore sono stati 299, 70 i contrari: rispetto ai 434 voti necessari sono mancati 135 voti. A questo punto Johnson ha annunciato il contropiede: una mozione per ottenere ancora l’elezione anticipata, però questa volta tramite una revisione della legge ordinaria, a maggioranza semplice, insistendo che “questo Parlamento non può più tenere il Paese in ostaggio”, ormai sarebbe diventato “disfunzionale”.

Come scrive la Bbc, BoJo proporrà “un breve” testo legislativo in questo senso, nel quale proporrà di nuovo la data del 12 dicembre. Per questo nuovo passaggio, il premier chiede l’appoggio dei Lib-dem e dei nazionalisti scozzesi: questi però, in cambio del loro appoggio, propongono la data del 9 dicembre, che secondo loro eviterà che l’intesa del premier per la Brexit possa essere approvata prima che il Parlamento si sciolga.

Anche il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn – che aveva annunciato il suo no alla mozione poi effettivamente bocciata – è sembrato parzialmente aperturista: dopo aver detto di “non fidarsi” del premier, accusato di non aver mantenuto finora nessuna delle “le promesse” fatte sulla Brexit, in serata ha concesso di essere disposto a “esaminare” il nuovo testo, ma solo se vi saranno garanzie contro il ‘no deal’. Per varare il nuovo testo, basteranno 320 voti favorevoli.

In teoria, con il via libera al nuovo rinvio da parte dell’Ue – arrivato ad appena tre giorni dalla deadline del 31 ottobre, e accettata da Johnson con una lettera al presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, nella quale però esorta l’Ue a escludere ulteriori proroghe oltre il 31 gennaio – il rischio di un divorzio senza accordo sembra essersi allontanato. Quella del 31 gennaio è invece una scadenza flessibile: se il Regno Unito approverà l’accordo concluso da Boris Johnson prima del 31 gennaio, potrà uscire in anticipo dall’Ue, cioè il primo giorno del mese successivo la ratifica.

La decisione è stata accompagnata da una dichiarazione politica in cui l’Ue esclude qualsiasi rinegoziazione dell’accordo raggiunto a ottobre con il primo ministro britannico e chiede la nomina di un commissario europeo britannico. Ora la palla è tornata nel campo minato di Westminster. Il premier laburista, Jeremy Corbyn, continua a chiedere, per dare il suo assenso, che venga tolta definitivamente dal tavolo l’opzione del ‘no deal’, e la decisione dell’Ue rende più difficile ai laburisti poter giustificare l’opposizione alle elezioni anticipate. Insomma a oltre tre anni dal referendum con il quale i britannici decisero, seppure per un soffio, di uscire dall’Ue, il Regno Unito continua a cercare la porta di uscita, e ancora non l’ha imboccata.

Roberto Brunelli – agi.it

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