Il massacro dei mormoni fatto dai narcos in Messico

Il massacro dei mormoni fatto dai narcos in Messico

Sei bambini e tre donne uccise, un minore scomparso e diversi feriti: è il bilancio del massacro di un gruppo di mormoni americani compiuto da narcotrafficanti messicani, in una città tra gli Stati messicani di Sonora e Chihuahua. Il presidente Donald Trump ha offerto al Messico aiuto militare, ma il suo omologo, Andrès Manuel Obrador, nel ringraziarlo per l’appoggio, ha detto che sarà il suo Paese ad affrontare l’emergenza, senza invasioni di campo. Il “massacro dei mormoni”, avvenuto in una zona vicino al confine con gli Usa, ha fatto piombare i due Paesi sotto choc e rotto, almeno in apparenza, quel gelo istituzionale nato con la polemica sulla costruzione del Muro al confine.

Le tre donne e i sei bambini uccisi, di età variabile da sei mesi ai 14 anni, bruciati nelle loro auto in fiamme, facevano parte di uno stesso nucleo familiare. Cittadini con il doppio passaporto, americano e messicano, erano membri di una comunità di mormoni di origine americana che si era trasferita dall’Utah in Messico nel 1924. La famiglia risiedeva in un piccolo insediamento nello Stato di Sonora, che confina con il sud della California. Le vittime erano membri di uno stesso nucleo, appartenente alla comunità religiosa della Chiesa di Gesù dei santi degli ultimi giorni, dove la poligamia è riconosciuta. La famiglia è stata attaccata da due bande di criminali del cartello della droga, lungo la strada che collega la comunità all’aeroporto.

Al momento non è chiaro se i mormoni fossero davvero il bersaglio del brutale assalto o se invece siano finiti nel mezzo di un brutale scontro tra i cartelli che si disputano la regione. Ma c’è un precedente che fa pensare a un agguato: nel 2009 il capo della comunità era stato ucciso con un colpo alla testa per aver denunciato i traffici del cartelli della droga; il figlio era stato rapito da una banda di criminali, che aveva chiesto un milione di dollari di riscatto. Del resto, le ricchezze della comunità sarebbero da tempo nel mirino delle bande di criminali.

A rendere il massacro ancora più agghiacciante c’è un particolare: la carovana non doveva trovarsi nel luogo del’agguato. Era tornata indietro per aiutare una delle donne, Maria Ronita LeBaron, rimasta con i figli bloccata lungo la strada a causa di una gomma a terra. I criminali hanno assalito l’auto, uccidendo la donna al volante e i suoi quattro bambini, compresa una coppia di gemelli di sei mesi. Poi hanno dato fuoco alla macchina. Pochi minuti dopo e’ arrivata la carovana di auto, che è stata presa di mira.

Altre quattro persone, due donne e due bambini, sono state uccise e le auto incendiate. Quando sono arrivati gli altri membri della comunità, si sono ritrovati dinanzi a una scena di guerra con corpi ovunque, vicino alle auto e dentro le carcasse ridotte in cenere. Sette bambini, rimasti feriti in modo grave, sono stati trasferiti in aereo all’ospedale di Douglas, Arizona. Obrador, però, ha riaffermato l’autonomia del Messico nell’affrontare l’emergenza.

La strage arriva poche settimane dopo la guerra scatenata dal cartello di Culiacan per liberare Ovidio Guzman, il figlio del Chapo, capo del narcotraffico condannato all’ergastolo in Usa, arrestato dalla polizia messicana. Il governo ha dovuto cedere e liberare il giovane Guzman per evitare una guerra interna.

Massimo Basile – agi.it

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