La salute del Papa e il mistero delle dimissioni

La salute del Papa e il mistero delle dimissioni

Andreotti, che di potere se ne intendeva, raccontava sempre che, al di là e al di qua del Tevere, al momento dell’entrata in carica di un nuovo Papa o di un nuovo Premier lo sport principale era quello di vaticinare subito il nome dei loro successori. Questa volta però sulle dimissioni di Bergoglio, dietro le mura leonine, come ben anticipato da Antonio Socci, non c’è loggia vaticana che non ne parli. Naturalmente purché tutto avvenga lontano da occhi indiscreti e dalle orecchie della Gendarmeria che, di questi tempi, sono ovunque.

Francesco a dieta e sempre più irascibile

Si racconta che, da vecchio argentino, Francesco ami ascoltare tutti i sussurri che lo riguardano per poter reagire con contromisure. Certamente le voci si sono amplificate dopo la sua operazione all’intestino. Il Pontefice, già afflitto da mille acciacchi, pressione alta, diabete e cattiva circolazione oltre al problema della deambulazione, è comprensibilmente stanco e peraltro sempre più irascibile. Un quadro clinico che ha imposto una dieta rigida ad un goloso come Bergoglio, tra cui la rinuncia completa ai dolci, a partire dal suo preferito dulce de leche. Comunque, ed è un’ottima notizia, dal 4 agosto è tornato nel refettorio di Santa Marta, ma gli sono stati inibiti, come gli capitava, blitz in cucina per l’assaggio dell’ultimo condimento.

Una questione giuridica

Tuttavia, più che fisico e culinario, il tema in corso delle dimissioni del Papa è soprattutto giuridico, per il vuoto che crea. Il codice di diritto canonico ammette le dimissioni, ma non disciplina il dopo: Papa emerito? Vescovo di Roma emerito? Membro del collegio cardinalizio? Peraltro, questa non può nemmeno essere materia da motu proprio di un Papa, in quanto nel diritto canonico vige la regola secondo cui “ciò che riguarda ognuno come individuo, deve essere approvato da tutti”.

Ne discende che il tema in questione deve essere approvato dall’intero collegio cardinalizio perché, teoricamente, ogni suo membro potrebbe essere eletto Papa e trovarsi, quindi, nella condizione di doversi dimettere. Papa Benedetto XVI è stato ‘angelicamente’ geniale nell’autoattribuirsi il titolo di Papa emerito, così aggirando la necessità del consenso del Collegio non sulla sua decisione di dimettersi, che il codice di diritto canonico vuole insindacabile, ma su quello che “restava” perché – ed è sempre il diritto della Chiesa che lo dice – il Papa è insindacabile. Ma lo è anche quando ‘emerito’? È una questione complessa sulla quale silenziosamente stanno lavorando i giuristi delle migliori facoltà. Andando a ritroso c‘è anche chi sta ripercorrendo gli ultimi mesi di un gigante come San Giovanni Paolo II. Nessuno oggi più nasconde l’evidenza che, con il Pontefice polacco ormai in fin di vita, un gruppo di suoi astuti collaboratori, aveva preso in mano il potere, favorendo carriere, distribuendo e incassando prebende. Non può essere certo il caso di Bergoglio, che è abituato ad utilizzare pienamente la sua sovranità, ma se si decide di mettere giuridicamente mano alla possibilità di un papato a termine, bisognerà pur definire delle regole in caso di impedimento fisico.

Strappi e polemiche dietro le dimissioni

Le attuali indiscrezioni sulle dimissioni di Bergoglio nascono anche dal disagio crescente nell’assistere ad un Pontificato tanto divisivo con Conferenze Episcopali critiche su diverse scelte teologiche e liturgiche. Per non parlare del filo sempre più sottile che lega ormai il Sommo Pontefice con il suo attento Segretario di Stato Piero Parolin per i continui strappi soprattutto con il mondo musulmano. Nelle ultime ore, poi, i numerosissimi messaggi di solidarietà, a partire da quello del cardinale della Guinea Robert Sarah, uno dei “papabili”, per la salute del Cardinal Raymond Burke, riferimento dei conservatori e grande amico di Ratzinger, ripresosi miracolosamente dal Covid, sono stati per Bergoglio un chiaro segnale dal Cielo. Del resto, è stato lui per primo a confessare al giornalista argentino, Nelson Castro, “di pensare alla sua morte come Papa in carica oppure emerito”. Un segno dei tempi anche per la Chiesa: non serve più la morte di un Papa per farne un altro.

Luigi Bisignani – nicolaporro.it

 

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