Bonuslandia

Bonuslandia

Correva l’anno 1972 quando Joel Grey e Liza Minnelli, nel film Cabaret, cantarono Money. Il concetto era chiaro: sono i soldi a far girare il mondo. Le scene erano non meno esplicite: il sesso può servire a far soldi e i soldi a far sesso. Quattro anni dopo, 1976, furono gli svedesi Abba a cantare “Money, money, money”. Qui il messaggio è più elaborato: lavoro tutta la notte e tutto il giorno per pagare le bollette, senza che mi resti un centesimo; la cosa è triste, ma ho un piano: trovarmi un uomo ricco. Sprovveduti e dilettanti, non riuscirono a immaginare che i soldi, money, possono moltiplicarsi per decreto. Qui in Bonuslandia siamo specializzati.

A noi non interessa che un bonus insensato, capace di finanziare il 110% di una spesa, abbia come effetto la lievitazione dei prezzi. Tanto mica li paghiamo. E poi, che razza di problema è? Più salgono i prezzi più ci guadagno con il 10%. Oramai siamo all’economia alticcia. Dopo di che provate a girare per i cantieri aperti e, anche se non siete del mestiere, guardate le etichette e le facce: materiali stranieri e lavoratori stranieri, finanziati dal contribuente italiano, acciocché il connazionale fortunato si rifaccia la facciata e sostituisca gli infissi. Che poi qui siamo “sì global” – mi va benissimo che si comperi in ragione di prezzo e qualità e non di nazionalità – ma se alteri il metro del prezzo, se corrompi il mercato, allora ti faccio osservare che il prodotto interno lordo crescerà nel Paese produttore, mentre qui cresce solo il debito.

Money! Siccome è ricomparsa l’inflazione, corriamo a dare soldi agli italiani. Che è come dire: siccome c’è un incendio, porta la legna. Con una enorme differenza, rispetto al passato: un tempo versammo benzina sul fuoco con la scala mobile, che aumentava i salari di chi lavorava; ora non c’è manco bisogno d’andare a lavorare, perché 200 euro di bonus li diamo a tutti, a 28 milioni di italiani ivi compresi quelli cui già diamo il reddito di cittadinanza. A noi le baronie meridionali che consumavano ricchezza senza produrre un accidente ci fanno un baffo. Dettaglio storico: andarono in bancarotta.

Un tempo viaggiare in aereo era roba da ricchi e voli ce n’erano pochi. Poi sono arrivati il mercato, la concorrenza e sono stati spezzati i monopoli. Risultato: volano tutti e c’è un aereo appresso all’altro. Troppo facile, money ci piace spenderli, mica farli. Così bonus da 60 euro a chi prende l’autobus, la metropolitana, i treni locali. Fermiamo la legge sulla concorrenza per non toccare i monopoli delle municipalizzate, teniamo basso il prezzo del biglietto finanziandolo con i soldi del contribuente, così rendendo opachi i costi e non inducendo a contenerli e anziché aiutare i meno abbienti dopo avere aperto il mercato finanziamo il viaggiatore per tenerlo chiuso. In altre parole: i soldi vanno alle municipalizzate.

Lascia fare la surreale diatriba sul catasto, partita dicendo che non sarebbe aumentato il prelievo, continuata reclamando la stessa cosa e finita (per ora) strappando l’assicurazione che non aumenterà. Poi leggi l’articolo 6 e ci trovi la destinazione del maggiore gettito. Allora c’è?! Ma è ovvio che ci sia, perché se fai emergere gli immobili non accatastati è solare che dovranno pagare quel che non pagano. Ed è pure giusto. Ma vuoi mettere.

Così gli uni s’intestano che non si debba pagare, gli altri il bonus per tutti i redditieri sotto i 35mila annui e i terzi rilanciano attaccandosi al tram. A parte la voglia di rappresentare quelli che pagano per tutti, resta un mistero: se riuscite a fare ‘sta roba quest’anno, l’anno prossimo, quando si voterà, devo uscire di casa con il panino, così mi ci mettete il salame, o mi fornite il prodotto già completo? Possibilmente non già masticato. Lo spread s’allarga? Aboliamolo, che il popolo lo vuole e quattro piazzisti son pure capaci di prometterlo.

Daviode Giacalone davidegiacalone.it

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