Schillaci: “Per i pronto soccorso un quadro drammatico, provvederemo”

Schillaci: “Per i pronto soccorso un quadro drammatico, provvederemo”

AGI – Le chiusure dei Pronto Soccorso e dei punti nascita, la riduzione del numero dei medici (100 mila in meno entro 5 anni, secondo la Fnomceo che proprio oggi ha lanciato una campagna di comunicazione), le criticità che gravano sul servizio sanitario nazionale dopo i lunghi anni di pandemia: quello dell’assistenza ospedaliera in Italia è “un quadro drammatico”. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, nell’esporre le linee programmatiche in commissione al Senato, non usa giri di parole per segnalare la gravità della situazione, e sottolinea come tra gli interventi previsti ci sia un attento monitoraggio delle prestazioni, e fondi aggiuntivi per i lavoratori del Pronto Soccorso, e più in generale in prospettiva per tutti gli operatori sanitari.

“Ritengo necessario – ha sottolineato – avviare un approfondimento con specifico riferimento agli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, anche in considerazione del quadro drammatico offerto dalla progressiva riduzione dei pronto soccorso e dei punti nascita e, più in generale, dalla situazione dei singoli reparti degli ospedali pubblici”.

Il nodo della gestione delle liste d’attesa

Tra i grandi temi, quello della riorganizzazione dei processi di gestione delle liste d’attesa dei ricoveri programmati: “Bisogna introdurre modelli e standard per il monitoraggio sistemico e strutturato a livello nazionale del percorso del paziente, dal momento della presa in carico della domanda, all’inserimento in lista d’attesa, all’accesso al ricovero, fino alla sua dimissione. Il potenziamento degli strumenti di monitoraggio è funzionale al miglioramento della governance aziendale e regionale delle liste d’attesa, e consente di orientare i flussi di ricoveri in funzione della tipologia, della complessità, dell’intensità e delle soglie di volume gestite dai singoli centri ospedalieri, avvalendosi della programmazione regionale basata su standard tecnologici, organizzativi e strutturali della rete ospedaliera”.

Monitoraggio, dunque, ma anche risorse, anche alla luce della grave carenza di medici: “La pandemia ha reso maggiormente evidenti le criticità, sia per quanto attiene al personale medico sia per il personale delle altre professioni sanitarie. Al riguardo il mio impegno – ha scandito il ministro – sarà finalizzato alla rivalutazione del trattamento economico di chi opera nel SSN. In tale direzione va la norma che ho fatto inserire in legge di bilancio (art. 93) finalizzata a riconoscere, per le particolari condizioni di lavoro svolto dal personale della dirigenza medica e del personale del comparto, operante presso i servizi di pronto soccorso, un incremento dell’indennità, con un impegno di spesa di 200 milioni di euro annui, di cui 60 milioni per la dirigenza sanitaria e 140 milioni per il personale del comparto sanità. Il mio prossimo impegno sarà volto ad anticiparne la decorrenza al 2023 e lavorare con le Regioni al fine di poter destinare, non appena sarà possibile, un maggior finanziamento per retribuire meglio gli operatori sanitari. Ciò anche al fine di di rendere maggiormente attrattivo il sevizio prestato nel SSN”.

Ma al di là della medicina d’urgenza, “i professionisti del SSN si trovano oggi ad operare in un contesto sempre più difficile. Infatti, il reiterarsi negli ultimi anni delle manovre finanziarie di contenimento della spesa, ed in particolare dei vincoli assunzionali, evidenti soprattutto nelle regioni in piano di rientro, ha finito per determinare nel tempo una grave carenza di personale che, unita ad un crescente innalzamento della relativa età media, ha portato inevitabilmente a un forte deterioramento delle condizioni di lavoro, rendendo sempre più difficile assicurare la qualità dell’assistenza e la sicurezza delle cure”.

Fuga dalle specialità meno attrattive

Il ministro ha poi rilevato che negli ultimi anni “si è registrata una vera e propria “fuga” da alcune specialità, rese sempre meno attrattive. A ciò si aggiunga che la pandemia ha probabilmente contribuito a determinare l’accentuazione del fenomeno delle dimissioni per cause diverse dai pensionamenti”.

E’ quindi “fondamentale assicurare le necessarie risorse al sistema, per restituire la giusta serenità a tutti i professionisti che ogni giorno lavorano con dedizione ed impegno, talvolta in sedi disagiate e rischiose, migliorandone progressivamente le condizioni di lavoro, anche al fine di ridurre le condizioni di rischio che favoriscono, in particolare nei servizi maggiormente critici, persino l’emergere di episodi di violenza in danno degli operatori sanitari”.

Affrontando al contempo “il fenomeno crescente del ricorso ad appalti esterni da parte delle aziende e degli enti del SSN per garantire i servizi assistenziali”, il cui uso distorto “non soltanto genera un sempre più gravoso onere in capo alle strutture, ma  comporta anche gravi criticità in termini di sicurezza delle cure.

Redazione

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